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0089 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
History of an Italian Science Expedition to Himalayas, Kharakhorum and Chinese Turkistan(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / Page 89 (Grayscale High Resolution Image)

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doi: 10.20676/00000174
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UN INVERNO NELLA CAPITALE DEL BALTISTAN, SCARDU   63

lenta e così irrefrenabile è veramente straordinario, e la scena perde il carattere di rappresentazione, tanto reale e vero è il dolore e la pietà della folla.

La processione s' avvia alla casa del pianto e vi entra : le donne da una porta, gli uomini da un' altra aperta nella parte opposta. L' edificio è troppo angusto per contenerli tutti, e molti si fermano di fuori e si accoccolano in terra, esausti. Anche il cavallo è fatto entrare nel tempio ; ma ne esce subito per andar incontro e unirsi ad altri cortei venuti dai villaggi vicini, colle stesse fanatiche manifestazioni. Dal tempio arriva la voce rauca di un mullah che dice una breve orazione, interrotta di quando in quando da una invocazione della folla e chiusa alla fine da un immenso coro di grida.

Poi i cortei (ne sono arrivati tre), si ricompongono fuori del tempio e procedono insieme verso un cimitero poco distante. Nella zona sabbiosa che si stende ai piedi della roccia a Occidente di Scardu è un grande albero solitario spaccato in due dal sommo del tronco alla sua base, una metà insecchita, reclinata sul suolo, sfrondata, scortecciata e bianca come uno scheletro ; l' altra, tuttora eretta, ramosa e viva. Ai suoi piedi è uno spazio quadrato un po' infossato, attorniato da un basso muro di pietre. Entro questo recinto sono distesi a terra su piccole sopraelevazioni di sabbia una diecina di fazzoletti di colore ; due rettangoletti, formati da verghette infisse nel suolo, son coperti da altri pannolini variopinti. Sono simulacri di tombe : le due maggiori per i nipoti del profeta, le altre per i seguaci di Husein, morti con lui. Lì vicino vi sono altri due cimiteri simili ; cioè uno per ogni corteo. Il tutto, costruito coi mezzi poverissimi di cui dispongono, è di una ingenuità infantile.

Non si entra nei rettangoli simbolici che scalzi. La folla si raccoglie intorno al quadrato maggiore, seguitando lo schiamazzo e le percosse. I quattro feretri e il baldacchino sono disposti in fila. Tre mullah energumeni, in piedi dinanzi alle due finte tombe maggiori, piangono e gesticolano freneticamente, battendosi il petto, la faccia e il capo, e con quel che rimane loro di voce rauca e strozzata ripetono le invocazioni. La folla li imita come meglio può. Le donne si sono raccolte tutte insieme attorno ad un altro quadrangolo. Il cavallo viene condotto lentamente in giro attorno ai tre cimiteri, circondato sempre da una turba urlante senza posa. Nel suo paziente

passo, l' occhio sereno e indifferente, pare l' unico essere che abbia conservato la ragione, perchè ormai lo stato emozionale della folla è diventato frenesia, e si ha dinanzi una turba di invasati. Vedo uomini di tutte le età passar la mano ripetutamente sui fazzoletti distesi in terra, e poi con quella accarezzarsi il viso, il collo, il capo. Un vecchio che porta un bimbo in braccio accarezza così parecchie volte le pezzuole ed il capo del bambino.

Dopo una mezz' oretta si riformano i cortei. Il ritorno ha luogo colle stesse scene, e stupisce che possano regger tanto. Qualcuno sviene ed è rimesso alle cure del Dott. Balwant Singh, indù, che assiste da filosofo tollerante a questa esaltazione religiosa, come il tesi/dar ed i soldati sikh impassibili.