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0552 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
History of an Italian Science Expedition to Himalayas, Kharakhorum and Chinese Turkistan(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / Page 552 (Grayscale High Resolution Image)

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doi: 10.20676/00000174
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468   CAPITOLO SEDICESIMO

al valico Aghil. I due tributari che vi scorrono si uniscono per un brevissimo tratto, confluendo subito col Ràschem Darià.

Per quasi due ore aspettiamo inutilmente sperando in una schiarita, e poi, scavalcata ancora una terza cresta alquanto più bassa, ci mettiamo giù per coste ertissime, coperte anch' esse di un alto strato di detriti, e cosparse qua e là di ciuffi di burtsè. Gli jak scendono con inattesa sveltezza, sollevando una nube di polvere. Pioviggina, e il tempo è pesante e afoso, malgrado qualche soffio intermittente di vento. Finalmente tocchiamo il fondo del vallone Ràschem. Mettiamo il campo in un recesso sabbioso semicircolare della riva destra del fiume, quasi dirimpetto alla foce del Surcovàt. L' affluente si è tagliata una stretta porta d' uscita attraverso un terrazzo piano, alto una trentina di metri, che sbarra 1' apertura della valle tributaria. A destra e a sinistra del taglio due roccie arrotondate simmetriche sporgono sulla superficie del terrazzo ; e ve ne sono altre due che stanno ad indicare un altro passaggio per dove usciva il fiume in tempi remoti.

Siamo in un breve tratto della valle Ràschem discretamente aperto, compreso fra le strette di Basàr Darà e un' altra serie di gole sinuose di cui si scorge l' ingresso poco più sotto. Per poche centinaia di metri il fiume torbido, gonfio, minaccioso, è diviso in due rami, larghi ciascuno da venti a trenta metri, altrove è raccolto in un solo letto.

Uno dei beg di scorta, deposti gli abiti, serbando la sola camicia, entra nel-acqua col cavallo, ma dopo pochi passi perde piede e riguadagna la riva a stento. Poi si manda il cavallo nel fiume da solo, con una lunga cappezza, in tre punti diversi ; e sempre torna alla riva a nuoto.

Allora succede una cosa caratteristica dell' Oriente, cioè si diffonde, non si sa come, la notizia che vi sia qualche cammello a pascolare in una macchia di vegetazione sull' altra riva del Ràschem, dirimpetto al nostro campo. Scendiamo alquanto più a valle, dove è un' altra breve biforcazione del fiume, ed il beg, e uno dei Chirghisi, sui cavalli che nuotano animosamente, riescono a toccare l' opposta sponda trascinati dalla corrente almeno cento metri più in basso del punto di partenza, e scompaiono tra gli arbusti. Ne riescono dopo mezz' ora spingendo innanzi a sè cinque cammelli ; uno solo è adulto, uno di mezza statura, gli altri tre piccoletti. Essi ci daranno la misura dell' acqua. Incitati colla voce dai cavalieri entrano nel fiume, ma prima di arrivare a metà corrente, del cammello più grande spunta dall' acqua solo la testa e le due gobbe, e arriva alla riva destra con grandissimo stento ; mentre gli altri han perduto piede e vengono travolti, riuscendo •miracolosamente a riprendere terra molto più a valle.

Siamo crudelmente delusi ; non par possibile di esser inesorabilmente arrestati per sessanta metri di spazio che non sappiamo come superare. Certo potremmo traversare il fiume anche noi sui cavalli a nuoto. Ma il nostro campo, le provviste per noi e per i portatori, tutta la roba senza di cui non si può vivere un giorno in quelle plaghe deserte, e la carovana occorrente per trasportarla, come farle pervenire di là