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0120 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
History of an Italian Science Expedition to Himalayas, Kharakhorum and Chinese Turkistan(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / Page 120 (Color Image)

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doi: 10.20676/00000174
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90   CAPITOLO QUINTO

giunto il fiume maggiore. Ma tutte queste valli divergono, radialmente, dall' altipiano delle Deosèi, oltre il quale, — verso N. e verso O., — è la vera area di diffusione delle genti darde : è quello che viene appunto chiamato il Dardistàn. Ora, il fatto che i Brokpà parlino una lingua darda, mentre i Baltì sono di lingua tibetana, e l' altro fatto, singolarissimo, del loro insediamento nelle parti superiori delle valli scendenti dalle Deosèi, mi hanno fatto dedurre che i Brokpà sieno venuti dal Dardistàn attraverso, appunto, questo altipiano, fissandosi nelle valli che ne scendono verso l' Indo, là dove il precedente insediamento baltì lasciava ancora aree disabitate : cioè presso le testate. È anche da osservarsi che il loro nome, Brokpà, è un nome dato ad essi dai Baltì, e significa « uomini venuti di lontano » o « uomini che abitano lontano » : « brok » significa appunto lontano, e « pa » è un suffisso che indica la mascolinità. Il nome dunque include il sicuro concetto di lontananza e può quindi anche spiegare la mia ipotesi.

Ma intanto, a Scardu, alternavo il lavoro di tavolino (riordinamento di appunti, di raccolte, disegno di rilievi topografici) e le misurazioni antropometriche con numerose escursioni : generalmente brevi, due nella giornata, — talora più lunghe, tra l' alba ed il tramonto, — qualche volta anche di più di un giorno. E così posso dire di aver percorso quasi tutto il bacino fino a dove esso si chiude a Cazzura in un immenso caos morenico, con piccoli laghetti : resto, appunto, di quell' immenso deposito, che, — come ho detto, — sbarrò un tempo l' Indo e provocò la formazione del grande lago, lungo e tortuoso come un fiordo.

Ma, — come ho accennato, — al continuato soggiorno a Scardu, che o prima o poi si sarebbe cambiato in una vita quasi di inattività non confacente alle mie abitudini, — preferii dare alle mie ricerche carattere estensivo : mi spingeva anche il desiderio, non solo scientifico, ma estetico, di vedere quelle valli maravigliosamente selvagge e di avvicinarmi ai grandi colossi, di roccia e di ghiaccio, del Caracorùm. Avuto l' assenso del Dott. De Filippi, organizzai una carovana leggiera, con le piccole tende Wymper, con poche impedimenta, pochi uomini, e mi misi in cammino : mi accompagnava Petigax, amico indimenticabile.

La prima escursione (26 novembre-20 dicembre 1913) mi portò già lontano. Non avevo, partendo, un programma nettamente definito, e non ne esposi, quindi, nessuno ai miei compagni. Mi dirigevo in valle Scìgar, salvo a spingermi fin dove mi fosse stato possibile. L' incertezza mi veniva dal fatto che nessun viaggiatore aveva ancora percorso, in pieno inverno, le valli che si addentrano fra i colossi del Caracorùm, e — da buon alpinista che non rivela la mèta finchè non l' ha raggiunta, — non volevo esporre un programma, della cui esecuzione non mi sentivo sicuro.

Passai 1' Indo, sopra un gran barcone, poco a monte di Scardu, e, superate le sabbie e le rocce dello Strangdogmo, giunsi presto a Scìgar. Non importa che ridica