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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0382 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 382 ページ(カラー画像)

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[Photo] メッカを目指すトルキスタン巡礼者たちPellegrini del Turchestan in viaggio per la Mecca.

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doi: 10.20676/00000174
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CAPITOLO UNDECIMO

nàgar e al Pungiàb, di dove si recano in ferrovia a Curaci od a Bombay, a prendervi imbarco per il Golfo Persico o pel Mar Rosso.

Le carovane hanno fatto tappa generalmente sulle rive del Cipciàk, a Nord del Dèpsang, e traversano l' altipiano senza fermarsi, scendendo di solito fino a Murgo, una marcia di 50 chilometri. Caricano i cavalli con 100 e più chili di merci, aggiunti a una pesantissima bardatura di feltri, gualdrappe trapuntate e basti grossolani ; e non di rado il conducente sale anch' egli sul grosso fardello per dargli stabilità ed equilibrio. Arrivati alla tappa i cavalli, stremati di forze, non son lasciati a riposare, ma,

tolto il carico, vengono fatti passeggiare in su e in giù per un ora e più da qualche ragazzo ; poi, senza essere mai liberati dal basto o dalla sella, si legano corti perchè non si corichino, e solo dopo qualche ora si lasciano liberi di bere e di rifocillarsi. Non permettono mai ai cavalli di bere neppure un sorso d' acqua durante la marcia, per il pregiudizio che questa causi le piaghe da decubito dovute ai cattivi basti.

A questi sistemi balordi vanno aggiunte pratiche crudeli. Nello scendere

verso il Turchestan mi accadde di notare in qualche carovana incontrata nelle tappe, un cavallo col muso tutto insanguinato. Ne trovai poi la spiegazione in una nota del Forsyth Q), il quale narra che i conducenti jarcandi credono di rimediare all' ansimare da cui son prese le povere bestie sotto i pesanti carichi nel salire a quelle grandi altitudini, allargando il passaggio dell' aria per le narici. Il cavallo viene gettato a terra, gli si trafigge la cartilagine del naso, e, forzando il capo piegato all' indietro, vi legano un ciuffo dei crini della coda, cosicché, quando il cavallo, lasciato libero e sferzato si rimette in piedi, la nare viene lacerata.

Quando un cavallo cade sfinito sulla via, non vien fatto nessun tentativo per rianimarlo. Gli tolgono il carico, la bardatura, i ferri, e lo abbandonano ai corvi che presto gli si raccolgono attorno a spiare 1' ultimo anelito. Ma accade anche di peggio. Se qualcuno della carovana ha vaghezza di cibarsi un po' di carne, siccome il rito rnussulmano, come quello indù ed ebraico, non gli permette di usare carne se non di animali che sieno stati sgozzati, appena un cavallo cade, gli si precipita sopra per recidergli il collo prima che muoia spontaneamente. Forse la pratica è pietosa perchè abbrevia le sofferenze finali. Poi vien tagliato alla meglio un grosso pezzo di carne

(1) Vedi nei Proc. R. Geo. Soc., Vol. XVIII, 1874, pag. 114.

Pellegrini del Turchestan in viaggio per la Mecca.