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0486 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 486 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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410   CAPITOLO QUATTORDICESIMO

valle Iàrcand, dove ci eravamo attendati già il 20 luglio, nella prima esplorazione della valle.

Il domani salimmo a far stazione su un monte di pietra rossa, alto 5342 m. s. m. e poi ci disponemmo ad esplorare anche questa tributaria. Avemmo qualche difficoltà a persuadere i portatori, tanto di Càrghil che Chirghisi, i quali incominciavano ad essere stanchi di tante peregrinazioni su e giù per valli senza alcuna mèta apparente ; ma si lasciarono fortunatamente indurre a continuare a servirci. Al momento di lasciare il campo, il mattino del 19, ci raggiunse un corriere colla posta dell' India, e differimmo alquanto la partenza per leggere avidamente gli avvenimenti della guerra ; la caduta di Namur, l' entrata delle armate germaniche a Bruxelles, e, unica notizia dal-l' Italia, la morte di Papa Pio X.

Seguirono quattro giorni dei più penosi e disagevoli che abbiamo avuto in tutta la campagna. Questa terza tributaria era ben diversa dalla seconda percorsa prima; era quasi tutta una gola selvaggia serpeggiante strettissima, senza un filo d' erba o uno sterpo di burtsé, scavata fra roccie impraticabili, che ci costringevano a procedere nello stretto spazio del fondo, interamente occupato dal letto del torrente, che ci toccava guadare e riguadare. Le coste della valle scendevano da colli arrotondati senza ghiacciai, di disegno monotono ed uniforme. Su tutto gravava un cielo coperto di scura nuvolaglia. La sera del primo giorno accampammo a un 15 Km. dalla valle Iàrcand. I portatori erano inzuppati d' acqua per i continui guadi ; quel che rimaneva del nostro piccolo branco di capre, con un' unica pecora superstite, belava pietosamente, la lana coperta di diaccioli, e cercava di rifugiarsi nelle tende per un ricovero.

Per di più, l' indomani, il tempo si mise a neve, che cadde così fitta, da coprire in brev' ora i fianchi della valle ed il fondo pieno di sassi, rendendo il cammino assai più penoso ai cavalli ed ai portatori. Il freddo della notte aveva fatto gelare le acque lungo le rive del torrente, complicando i guadi. Ne contai oltre a cinquanta nella marcia della giornata, di circa 25 Km. Mettemmo le tende in un piccolo spiano del fondo valle, allo sbocco superiore di un tratto di gola così stretto, che 1' avevamo dovuto risalire camminando nelle acque del torrente, che lo riempiva tutto. Bruciammo il poco burtsé che ci rimaneva, appena sufficiente per riscaldare un po' di thè. Avevamo lasciato i fornelli Primus a petrolio in fondo alla valle, nella fiducia di trovarla cosparsa di cespuglietti di burtsé come quella prima esplorata, ed ora ci trovavamo in mezzo a una pietraia senza la più piccola traccia di vegetazione, e coperta di neve, che seguitava a cadere fitta. I portatori, già stanchi dei due giorni di fatiche e di strapazzi, e bagnati fino alle ossa, stavano accoccolati nella loro tenda, addossati gli uni agli altri, senza alcun mezzo per asciugare i panni, cuocere il loro thè e il satü. Inoltre, tre dei cavalli erano così indeboliti dalle marcie faticose, dal freddo e dalla mancanza di cibo, che non erano più in grado di proseguire, sia pure

con carichi di molto ridotti.

Queste condizioni, aggiunte al cattivo tempo persistente e alla tarda stagione (20 settembre), che lasciava poca speranza di un rapido miglioramento, ci mettevano