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0518 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 518 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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438   CAPITOLO SEDICESIMO

pale di traffico fra l' Asia Centrale e l' India, intermediario il Làdak. Furono i fratelli Schlagintweit (') a proporre che il nome fosse allargato a designare l' intiera catena spartiacque, che si estende verso Occidente fino all' Hindu Cush (a Nord di HunzaNagar), e dall' altra parte si prolunga verso Sud-Est mal definita, separando il bacino d' origine del Caracàsh da quello del Cipciàk, poi lo Sciàiok e il sistema lacustre del Pàncong dagli altipiani Tibetani, fino a continuarsi col Trans-Himàlaia di Sven

Hedin.

A Nord del passo, un breve tratto di costa ripida, come quella testè salita, mette in una valle aperta, a dolce declivio, nella quale scorre il tributario che va a confluire collo Iàrcand a Khàpalun, fra monti giallastri pezzati qua e là di rosso, che non giustificano per nulla il nome dato al valico. A un certo punto la valle è quasi interamente sbarrata da un promontorio sporgente a sinistra e da una grandissima frana caduta incontro ad esso da destra. Oltre questa stretta si apre un largo bacino circolare, a fondo ghiaioso, su un lato del quale è qualche breve tratto di muricciuolo di pietre, di quelli che sogliono costruire i Balti, a riparo del vento. Tutto attorno è un enorme ossame. Il luogo si chiama Balti Bransa. Nel bacino convergono varie valli ; e fra i monti verso Occidente si scorge una bassa insellatura, per la quale il Wood e lo Spranger, e successivamente il Dainelli e il Marinelli pervennero qui dal bacino superiore dello Iàrcand. Dopo un breve riposo, proseguiamo attraverso il bacino, dove vagano branchi di antilopi, quasi punto spaurite di noi, poi nella valle nuovamente ristrettasi, seguendo al piede un lungo tratto di monti rosso-fiammanti, e ci fermiamo finalmente alla tappa di Bàksum Bùlak (Tashnatubè della nostra carta 1 : 250000). Abbiamo camminato più di nove ore, percorrendo 30 km. di via, sempre sopra i 5000 m. di altezza, inseguiti, dal valico in giù, da un forte e molesto vento da Sud.

successivamente, nel suo libro, pubblicato quattro anni dopo, adotta la forma Karakoram. Così il CUNNINGHAM, nel 1854, ed il JOHNSON, nel 1866. Ritornano di poi alla vecchia forma lo SHAW, nel 1871, (Karakoorum), e il Cap. TROTTER, della seconda missione FORSYTH (Karokorum) ; dopo i quali si ritrova costante nelle pubblicazioni e nelle carte inglesi la forma a -koram.

La questione acquista una certa importanza perchè vi sono altri valichi a Nord del Caracorùm, nella catena del Cuen Lun e sue diramazioni, che hanno nomi analoghi, derivati dalla forma o dal colore delle pietre, come il Taktà Corùm e l' Ak Corùm ; per modo che v' è tutto un gruppo di nomi a cui si applica l' alterna grafia.

Merita ancora un cenno la sinonimia del valico Indo-Centro Asiatico colla antica città fortificata Caracoram o Caracorum, che fu la capitale dei Khan Mongoli dal 1234 al 1256, visitata da Giovanni del Pian di Carpini nel 1246, da Rubruquis nel 1253 e da Marco Polo (che la chiama Caracoron) nel 1275, vent' anni dopo che la capitale era stata trasferita a Caipingfu, per opera di Mangu Khan. La sinonimia non è che apparente, perchè, secondo il Col. YULE (vedi il Vol. II del suo Marco Polo 2" ed. nota supplementare N. 7, a pagina 539), il nome della città è Kara-Khàràm, e si riferisce alla fortifi-

cazione, significando « baluardo nero ».

(') Vedi op. cit. di H. von SCHLAGINTWEIT, Vol. II, pag. 6 e Vol. III, pag. 2-4.

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