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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0565 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 565 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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DA SURCOVAT A CASHGAR   481

di valle, coperto da un palmo di polvere, dove crescono solo ciuffi di un' erba alta a steli duri e rigidi. Nell' aria opaca si profilano a destra e a sinistra dossi arrotondati da cui sporge qualche modesto dente di roccia.

Il luogo di tappa si chiama Ak Masgid, o « Moschea bianca » ; ma y' è solo un serai, una rozza costruzione di pisè, accanto a una pozza d' acqua giallastra e melmosa, raccolta dalle pioggie, che serve per bere e per la cucina. La sera, attorno al lume, nella tenda, è una danza di farfalline, tarme, bombici, falene e zanzare. È venuta dal basso una fila di cammelli per sostituire le nostre bestie da carico ; fra essi varie madri separate dai loro piccoli, che riempiono la notte delle loro grida querule e lamentose.

Il 22 settembre, continuiamo a discendere la valle ampiissima, colpiti dalla uniformità e monotonia del piano, a cui ci avevano disusati i mesi trascorsi tra la scena continuamente variata dei monti. L' aria è così torbida che si vede appena il disco del sole. L' argilla che copre il fondo della valle è solcata da profondi burroni, dove di questa stagione non corre un filo d' acqua. Dinanzi a noi, fra le linee dei bassi colli che formano i fianchi della valle, sorgono nella bruma grandi masse scure ; gradatamente vi distinguiamo gruppi di magnifici alberi, come non ne avevamo più veduto dopo il Cashmir, disposti sulle rive del letto quasi asciutto del fiume. È l' oasi di Psar. All' ingresso del villaggio, sull' erba, sotto le folte fronde degli alberi, è una mensa imbandita. Sui feltri distesi in terra sono disposte pesche, meloni, cocomeri, uova sode, mandorle zuccherate e il thé.

Man mano che ci siamo inoltrati fra luoghi abitati, queste offerte, che si chiamano dastar cuan (letteralmente, « la tovaglia della mensa »), sono divenute più frequenti e più doviziose (i). Ogni deputazione venutaci incontro aveva apparecchiato in terra il ristoro, e la stessa cerimonia si ripete in ogni villaggio che attraversiamo, offerta da un ohn o un jusbascì, da un aksacal, da un qualunque personaggio, ed è d' uopo scender da cavallo, e almeno gustare, per • cortesia, i frutti succulenti e sorbire una tazza di thé. Appena fatto onore al dastar cuan all' ingresso di Psar, rimontati in sella, e percorsi cinquanta metri fra le basse case del villaggio, un altro gruppo di uomini ci invita ad entrare nella casa di un jusbascì, dove la padrona di casa, una donna avvenente se bene matura d' anni, non velata, ci offre un secondo spuntino e ci fa gli onori di casa con dignità cortese e senza alcun imbarazzo. Usciti da Psar, ci troviamo in una plaga di deserto, coperta di dune di fina rena gialla, che nella foschia dell' aria sembra sconfinata. Dopo un bel tratto di via percorsa al trotto dei nostri cavalli, compaiono in lontananza le macchie di due oasi contigue : Otansù e Cök Iar. Subiamo altri due ricevimenti coi relativi dastar cuan nell' attraversare la prima, uscendone per un lungo viale di giùggioli, gelsi, pioppi e platani, tra fossi

(i) Il dastar cuan è un costume indigeno di antica data. Sir D. FORSYTH (in Autobiography, pag. 68-69) ne dà una descrizione con tutti i particolari delle formule di cerimonia e di cortesia connesse.

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