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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0610 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 610 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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518   CAPITOLO DICIOTTESIMO

punto d' appoggio. La discesa è ripida, ma la neve perdura ugualmente alta per più di mille metri sotto il valico. Dopo due ore e mezzo arriviamo a un gruppo di akoi, che con tutta quella neve sembrano capanne rotonde di Lapponi o di Eschimesi, e ci riscaldiamo a un bel fuoco di ginepri facendo colazione.

Di qui in sotto la valle si restringe in gole boschive, e possiamo rimontare in sella. Dopo un buon tratto sbocchiamo nella larga valle Gulcia, a Sufi Curgàn, (2050 m. s. m.). Vi troviamo un serai con una camera per Europei, tenuto da una vecchia Russa, un' avida arpia, che con grande difficoltà, e a prezzi esorbitanti, acconsente a darci le poche provviste che ci occorrono per la cena e la legna per cuocerle.

La nostra carovana di trasporto, attesa con ansia, arriva a notte inoltrata. Vi sono solo cinque conducenti per ventisei cavalli, e ci par meraviglioso che siano riusciti a valicare il monte senza perdere un animale o un carico, pensando alle difficoltà che abbiamo avuto noi a tirarci dietro, ciascuno, un cavallo scarico.

Facciamo ancora due marcie su vie discrete a Gulcia, e a Langar, e qui troviamo la strada carrozzabile e tre calessi, nei quali percorriamo comodamente l' ultima tappa in un mare di fango fino a Osh.

Siamo tuttora nel cuore dell' Asia, e ci pare d' esser piombati, senza transizione, subitaneamente, dalle plaghe più remote in pieno mondo Occidentale. Osh, che ricordavo per una visita fattavi dieci anni prima come un villaggio indigeno, ai piedi d' un colle roccioso sormontato da una moschea, (Takt-i-Sulimàn), s' era trasformato in modo da diventare irriconoscibile. Vi trovavamo un grande quartiere russo, luce elettrica, un buon albergo, e, a render completo il nostro primo contatto con gli Europei, un gruppo di ufficiali austriaci prigionieri i quali, poveretti, si aspettavano di ricevere da noi notizie della guerra !

La sera del 6 novembre, dopo aver percorso da Osh 50 km. di strada in carrozza, col bagaglio caricato su tre arabà, arrivavamo ad Andigiàn, e ritrovavamo la ferrovia, dopo tredici mesi di viaggio per vie carovaniere.

Tre giorni dopo eravamo a Tashchènt, la capitale del Turchestàn Russo, sede di un Osservatorio e Istituto Geodetico. Qui l' Abetti, assistito dal Ginori, corn-piva l' ultima delle stazioni geofisiche, chiudendo la serie iniziata l' anno prima all' Ufficio Trigonometrico di Dera Dun. Il Col. Ausan, Direttore dell' Osservatorio, il Col. Zaleski, che aveva già eseguito un gran numero di stazioni gravimetriche nel Turchestàn, e l' astronomo Bulajewski facilitarono loro il compito colle più cortesi premure.

Intanto io prendevo gli accordi con le autorità russe per il nostro viaggio di ritorno, per la via più breve che ci rimaneva aperta, Odessa, la Rumania e la Serbia.

Solamente dovemmo rinunziare a trasportare con noi il materiale scientifico. Le esigenze della guerra e della mobilitazione non per anco compiuta in quelle lontane provincie dell' Impero, non consentivano il trasporto in ferrovia di un materiale cosi pesante ed ingombrante. Così accadde che, dopo aver fatto valicare ai nostri strumenti