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0295 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
History of an Italian Science Expedition to Himalayas, Kharakhorum and Chinese Turkistan(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / Page 295 (Color Image)

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doi: 10.20676/00000174
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FRA BALTISTAN E LADAK   251

Il sereno, poi, — se procurava un piacevole tepore quando il sole era alto sopra l' orizzonte, — dava però un freddo intenso, specialmente sensibile nelle prime ore del giorno, quando già ero in cammino : e l' ho potuto apprezzare, pienamente, a mie spese. Una mattina, infatti, — quella, nella quale lasciai Sciacàr per Ciktàn, — persi il passa-montagna che avevo a mano, nè mi curai di prenderne un altro dal mio bagaglio : conseguenza fu un principio di congelamento alle due orecchie. Non me ne accorsi, come sempre avviene, sul momento ; ma me ne risentii poi per molti mesi, avendone i sonni turbati pel dolore, che passò completamente solo col ritorno in Europa.

La tappa turisticamente più interessante fu quella tra Jogma Carbu e Lòtsum : molto lunga ed anche faticosa. Si trattava di valicare il Chèrit-la (4064 m.), che non è usato nemmeno dagli indigeni, per lo meno nella stagione invernale. Una densa copertura di neve aumentava uniformemente tutto il paesaggio : una neve farinosa, polverulenta, che partiva in valanga anche sui pendii più dolci. Dopo un'ora di cammino arrivai a Lamsu : le povere case erano quasi perdute nella gran distesa di neve; i campi terrazzati erano sepolti sotto una sola superficie uniformemente pendente. Lì cominciava la salita più erta, e perciò aspettai i portatori, che di lì innanzi era meglio seguire anzichè precedere, affinchè nessuno restasse per la via. Poi si riprese, tutti insieme, il cammino, ma lentamente e con frequenti fermate, perchè il passo su per l'erta nevosa era lento e pesante. Per dare una idea delle precauzioni e preveggenze che bisogna avere a seconda delle circostanze, dirò che, — mentre il mio bagaglio, molto ridotto, si limitava a soli dieci carichi, — quella mattina avevo arruolato 26 uomini. Sei andavano avanti, in fila indiana, per tracciare e battere il sentiero in larghe curve su per la salita ; gli altri seguivano, due per ogni carico, che si passavano a vicenda e ad ogni poco : tanta era la fatica dell'ascesa. Ma la neve era molle, l'aria fredda, il sole ardente, il riflesso accecante : gli uomini ansavano faticosamente, e spesso si gettavan distesi, come esausti di forze. Di la del valico la neve era anche più densa ed il pendio molto più erto ; ma, salvo le continue cadute, il camminare sembrava ormai un riposo !

Il bacino del Suru fino a Càrghil costituisce una unità geografica, alla quale spetta un nome speciale : quello di Purìg. Non so precisamente quali sieno i suoi limiti nell'uso comune della gente del luogo : certo devono essere limiti assai oscillanti, come spesso succede per i nomi regionali. Ma siccome nel bacino del Suru è insediata una popolazione diversa da quelle brokpà, baltì, darda e ladaca, dalle quali è circondata, — popolazione che io chiamo puriga, — così, fin dove essa approssimativamente si estende, fin là estendo anche il nome regionale : la valle di Ciktàn e le sue affluenti vi rimangono quasi per intero comprese.