358 CAPITOLO DODICESIMO
Jamna Prasad erano tutti in stazione, fermi per ore nella neve, accanto al tacheometro, alla camera fotografica e alla tavoletta pretoriana, pronti a cogliere ed a fissare ogni particolare del terreno a traverso qualche breve schiarita nelle mutevoli nubi e tra le nebbie. Ma per tutto il 28 non si potè far nulla. Nuova neve si aggiungeva piano piano allo strato formato nei giorni precedenti, e non ci si vedeva a un palmo di distanza. La temperatura mitissima, la calma completa dell' aria non incoraggiavano a sperare prossimo un cambiamento.
Le ore passavano lente nella aspettazione inerte, per noi prigionieri nel piccolo
Il Campo nel Circo superiore del Ghiacciaio Rimu.
spazio del campo. I portatori avevano addossato le loro tende alle nostre, paurosi delle crepacce. Fuori dalle tende si affonda nella neve fino alle ginocchia e più su; i piedi si ghiacciano, il viso è scottato dal particolare riverbero bruciante e acciecante delle nebbie bianche sulla neve di fresco caduta; l' atmosfera è pellucida, come fatta di vetro smerigliato, e non lascia scorger nulla. Non y' è un minuto del giorno in cui si stia bene. Si aggiunga la preoccupazione per la sorte di uno dei portatori, il solo Balti rimasto nella carovana, brav' uomo volonteroso, ammalatosi appena giunto qui, e presto colpito da sintomi allarmanti; alvo chiuso, violenti dolori colici, vomito e poi singhiozzo, polso piccolo, grave depressione generale; i segni di una paralisi intestinale. Guarì in pochi giorni con impacchi caldi e caffeina (1).
(I) Uno dei portatori della comitiva del Wood si ammalò con sintomi simili a quelli descritti sul valico Caracorùm, e soccombette in poche ore. Trovo che già lo SCHLAGINTWEIT aveva notato essere
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