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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0124 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 124 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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94   CAPITOLO QUINTO

È forse, questa, la valle del Caracorùm più nota agli Europei : non tanto il grande ghiacciaio Baltoro, quanto la piramide gigantesca del monte Kz ha attirato, con la sua mole ben superiore agli 8000 metri, le migliori « piccozze » che già avevano mietuto allori sulle cime e sulle creste delle Alpi : Conway, Guillarmaud, Eckenstein, e tanti con loro e dopo di loro, fino al nostro Principe pronto sempre ad ogni audacia, che piantò i colori italiani così in alto come nessun uomo, con le proprie forze, per molti anni di poi ha potuto più fare.

Traversiamo la grande fronte del Biafo, irta di guglie e incisa da crepacci, che invade, dal suo immenso bacino, tutta l' ampiezza della valle Braldo. La sera vado a piantar le tende a Burdomàl ; la mattina dopo, di buon' ora, sono a Paiù, ai piedi del Baltoro.

Valeva ben la pena di essere venuti fin lì, magari un pò giuocando sulla costanza del tempo. Ma il tempo era galantuomo. Un sereno immacolato, che mi fece godere in tutta la magnificenza delle sue grandi roccie mostruose la incombente cresta del Mùstag : un godimento senza fine. Ma col sereno, un freddo intenso. Non che mi desse noia : questo, veramente, no. Però la colazione al sacco la facevamo col pane gelato, con la carne gelata, con la conserva gelata. Il the nel « thermos » era un blocco di ghiaccio, e rimaneva, naturalmente, nel suo contenente.

E l' inchiostro nella penna stilografica pure gelava, sì che dovevo, malamente, ricorrere alla matita. E la sera sotto la tenda, accuratamente chiusa, avevo non più che 16 gradi, s' intende sotto lo zero, sì che era divenuto impossibile il consueto lavoro serale di riordinamento. Ah, perchè non ci era vicina una casa baltì !

Mi fermai due giorni a Paiù, facendo, — oltre alle solite, — osservazioni sulla fronte del ghiacciaio Baltoro ; poi ripresi la corsa pel ritorno.

Il solo Domurdo, con le sue acque marmate, causò, — come alla salita, — un piccolo rallentamento nella marcia : ma lo superammo, di nuovo, senza giri viziosi, come esso costringe a fare alle carovane estive. Accampai la sera a Corofòn, ai piedi del ghiacciaio Biafo ; e la mattina dopo ero nuovamente ad Ascole.

E ne era tempo da vero. Cominciò a nevicare di nuovo, e questa volta con promessa di continuare per un pezzo : via, dunque, a tappe doppie, giù per la valle, per non restarvi bloccato. Rastrellavo per via i campioni raccolti nell' andata e lasciati nei villaggi per non appesantire la mia carovana ; ne raccoglievo altri, misuravo uomini, rilevavo case ; ma sopra tutto correvo. E giunsi, — così per dire, — in salvo, cioè dove. la valle Braldo sbocca in quella Scìgar. Ma come l' appetito viene mangiando, così pensai che, già che ero in cammino, potevo ben proseguire a camminare : ed invece di discendere giù per lo Scìgar, imboccai un' altra valle che vi mette, cioè la valle Bàscia, fermandomi a Ciutrùn.