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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0287 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 287 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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FRA BALTISTAN E LADAK   243

quanto abbiano usi, costumi, ed anche religione, che li fa avvicinare molto ai Ladachi. Solo per queste analogie, dunque, ma non certo per la lingua, penetravo con la mia nuova escursione, nel mondo tibetano.

Partendo da Maròl, mi convinsi subito che la deviazione della carovaniera consueta era ben giustificata : non avevo mai veduto, nelle mie varie peregrinazioni per regioni montuose, valle più aspramente selvaggia. E una stretta e profonda gola incassata in una potente massa di granito : pareti alte e dirupate che chiudono alla vista ogni orizzonte ; fondo angusto così che l' Indo tutto lo invade pur nella sua magra invernale. Sui fianchi mancano veri sentieri : quando, per necessità della marcia, li ho dovuti risalire, era un vero alpinismo per roccia che io dovevo compiere, seguito dai miei portatori. Ma per lo più l' Indo gelato, — e tanto più spessamente gelato, in quanto corre in una ombra perenne, — mi offriva una facile strada, anche se mi obbligava ad una continua prudenza là dove il moto vorticoso dell' acqua rendeva meno salda la grande lastra di ghiaccio. Comunque, la marcia procedeva relativamente svelta e sicura : anche se lunga.

E la prima tappa, fra Maròl e Hòrdas, fu lunga veramente.

Avrei dovuto fermarmi nel piccolo villaggio di Gragrado, il primo insediamento di Dardi dell' Indo che incontravo lungo la mia via ; ma me ne distolse la estrema povertà dello sue poche case. E tutto dire, visto che le mie escursioni nelle grandi valli del Caracorùm mi avevano già assuefatto a miserie già grandi. Ma queste di Gragrado sembravano eccessive veramente. E così proseguii oltre, camminando per ore ed ore in quel paesaggio orridamente selvaggio, senza incontrare una casa, ed incontrando solo due indigeni, due Baltì che se ne tornavano al paese dal lontano Ladàk.

Mi fermai, la prima sera, ad Hòrdas, e vi fui accolto dalla festosità sorridente degli abitanti, dalla quale già, se non fosse stato anche per altri segni, avrei compreso di non esser più, oramai, tra la gente sorniona del Baltistàn.

Questi Dardi dell' Indo costituiscono veramente una popolazione a sè : non ho mai visto una gente con un tipo fisionomico cosi marcato, caratteristico e uniforme. Sembravano fatti tutti sullo stesso stampo : grandi barbe fluenti, naso acuto e prominente, grandi occhi intelligenti. Bei tipi in complesso, arieggianti gli Afgani. E belle anche le donne : generalmente dai tratti fini, quasi aristocratici, con certi occhi grandi come due fanali. Nei costumi, specialmente in quelli degli uomini, si osserva subito la influenza ladaca ; in quelli delle donne vi sono però nette differenze, — come nell' uso dei calzoni, — che li ravvicinano invece all' abbigliamento consueto delle Baltì. Siamo in una zona intermedia tra Baltistàn e Ladàk, ed è naturale che la moda prenda elementi di qua e di là. Ma quello che veramente è caratteristico del paese è l' acconciatura della testa : che nelle donne consiste in uno strano ber-