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『東洋文庫所蔵』貴重書デジタルアーカイブ

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0431 Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1
ヒマラヤ、カラコルム、中国領トルキスタンへのイタリア科学派遣団の歴史(1913-1914) : vol.1
Storia della Spedizione Scientifica Italiana nel Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn Cinese(1913-1914) : vol.1 / 431 ページ(カラー画像)

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doi: 10.20676/00000174
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Gl-iIACC1AIO RIMU   359

L' indomani del nostro arrivo al campo alto avevo mandato in basso sedici uomini a prendere viveri e provviste. Oramai ce ne rimanevano per poco; il tempo sembrava peggiorare di giorno in giorno e nella impossibilità che i portatori da soli potessero ritrovare il nostro piccolo gruppo di tende mezzo sepolte, col tempo opaco, e senza traccia nella neve alta, bisogno pensare a scendere loro incontro, almeno fino al campo sottostante presso il lago marginale, salvo a risalire fin qui, riforniti di provviste, appena il tempo migliorasse. Facciamo la breve tappa il 29 luglio, lasciando qui tutti gli istrumenti in una delle tende dei portatori. Il resto del campo viene tolto a fatica; i portatori intirizziti si muovono a stento; una dopo l' altra smontiamo le tende, ripiegando alla meglio i teli gelati e duri, cerchiamo e raccogliamo le racchette, i paletti, le mazze delle tende, e tanti altri oggetti sperduti, sepolti sotto la neve ; intanto il malato viene traslocato di tenda in tenda, e alla fine seduto sui carichi. E un poco migliorato, e senza dolori. Coll' aiuto della caffeina, e sorretto per tutta la via da due compagni, egli compie la discesa in discrete condizioni. Ogni segno della profonda traccia che avevamo battuto nel salire è scomparso; la nebbia fitta; il Petigax, silenzioso, ci guida attento tra le crepacce che il suo intuito di vecchia guida indovina sotto tutta quella neve. Ed ecco che, presso a poco a a metà del percorso, ci imbattiamo in dieci dei nostri portatori che salgono carichi. C' è davvero da essere ammirati della loro fedeltà e del loro coraggio, a mettersi soli per via con questa neve, nella nebbia, senza tracce. Ci raccontano che tutto il ghiacciaio, fino all' anfiteatro dove piega verso Sud-Est, è ora coperto di neve.

Rimaniamo fermi senza poter far nulla, al sesto campo, per altri cinque giorni, nello imperversare del tempo, perdendo a poco a poco la speranza di poter tornar su e tentare di giungere fino ai valichi sulle creste terminali dell' alto bacino. Alla neve si accompagnano ora di quando in quando raffiche vorticose di vento, che sparpagliano e fan turbinare i fiocchi di neve e sbattono i teli delle tende. Il laghetto s' è gelato interamente. Più di tutto sono tormentose le speranze che accende nell' animo qualche effimera schiarita, specie nell'ora del tramonto, continuamente deluse. I vari drappelli dei portatori mandati ai campi bassi ci tornano l' un dopo l' altro. Passano il giorno accoccolati nelle loro tende, a cuocere il thè sui fornelli a petrolio di cui li abbiamo provvisti (i). La nebbia fa sembrare infinito lo spazio attorno a noi e più profonda la solitudine del luogo. Nei campi sul Rimu ci mancò persino la compagnia dei corvi che ci seguivano così assiduamente sul Bàltoro, ed anche la

i Tibetani predisposti a gravi costipazioni, che possono durare fino a 10-14 giorni, con forte depressione. Non sono dovute all' oppio che non è in uso nel Làdak (1. c., Vol. III ; pag. 287).

(1) E strano che nessuna di tante spedizioni sui ghiacciai himalaiani avesse pensato prima d' ora a provvedere i portatori indigeni di fornelli a petrolio per cuocervi sopra il loro vitto. Memore delle difficoltà che ebbe la spedizione del Duca degli Abruzzi per portare la legna necessaria alla carovana fin sui più alti campi del ghiacciaio Bàltoro, avevo recato meco due fornelli con larghi stoppini a nastro, capaci di circa un litro di petrolio, di impiego molto più facile dei fornelli Primus, che servivano alla nostra cucina. Circa due litri di petrolio al giorno bastavano per preparare il vitto di trenta uomini.